A proposito dell’inceneritore di Giubiasco


Riprendiamo da La Regione Ticino una lettera di un  lettore attento che ci ricorda come il “termovalorizzatore”  di Giubiasco sia una fonte di elementi inquinanti pericolosi, e come dietro il sovradimensionamento ci possano essere grandi affari occulti. Noi richiamiamo l’attenzione sull’attuale silenzio dei media sul problema, e crediamo che ai cittadini abitanti della regione vadano dette alcune cose che ancora mancano nell’informazione. L’aver inserito in un contesto urbano fortemente abitato una fonte permanente di inquinamento dell’aria e delle acque, in nome della soluzione “razionale” dello smaltimento dei rifiuti, è stata una scelta sciagurata. Tacere sulle conseguenze sull’ambiente di questa scelta potrebbe riverlarsi un atto ancora più gravido di conseguenze nefaste.

Per una valutazione di una parte dei problemi posti dalla scelta fatta con l’inceneritore di Giubiasco, si riveda la trasmissione FALÒ del 23.7.09 Fuoco alle caldaie , che ha  però lasciato in secondo piano la ricaduta ambientale sull’intero territorio, privilegiando , nel dibattito, unicamente  il discorso economico ( Bignasca vs. Savoia ).

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L’invito a discutere è aperto a tutti.

Rifiuti, una miniera d’oro

di FRANCO TOGNOLA, BELLINZONA
 

Un cosiddetto termovalorizzatore di rifiuti in effetti è una centrale termoelettrica (impianto per la produzione di energia elettrica mediante calore) che, al posto dei tradizionali combustibili fossili (carbone, gas e gasolio) o nucleari (uranio), brucia rifiuti, con la sostanziale differenza che i combustibili convenzionali costano, e vanno pagati ai fornitori, mentre il combustibile-rifiuti è il fornitore (in ultima analisi noi consumatori) a pagarlo, un tanto alla tonnellata. L’elettricità prodotta viene poi venduta in rete, a prezzo di mercato (ovviamente liberalizzato, nell’interesse dei consumatori).

Doppi profitti quindi nella gestione di un termovalorizzatore: prima con i rifiuti, poi con l’elettricità. “Rifiuti: una miniera d’oro” titola emblematicamente il numero 03/09 di “Environnement” (www.environnement-suisse.ch/magazine), trimestrale dell’Ufficio federale dell’ambiente. La camorra, che da decenni gestisce lo smaltimento rifiuti del Napoletano, questo l’ha capito assai prima di noi, senza ipocrisie, false promesse e nauseante retorica. L’equazione è semplice: più rifiuti da incenerire=maggiori benefici. Nessuna meraviglia allora se l’ecomostro di Giubiasco è palesemente sovradimensionato, e già si mendicano rifiuti altrove.

Nessuna meraviglia se ci si barcamena nell’introduzione della tassa sul sacco (meno 40% circa di rifiuti da incenerire), lasciando legiferare in materia i singoli comuni invece d’introdurla per decreto governativo, in ossequio alla legge di causalità (chi inquina paga). Nessuna meraviglia se si scoraggia ufficialmente il riciclaggio della plastica (15% dei rifiuti domestici), ottimo combustibile il cui incenerimento però sprigiona un micidiale cocktail di sostanze cancerogene. E così, a prescindere dalle 4 tonn/anno di ceneri altamente inquinanti (diossina) depositate nella Mesolcina dei rinomati grotti e dei 5’000 l/ora di acque inquinate dal lavaggio dei filtri scaricati nel fiume Ticino (tanto si diluiscono), i supercamini del bioinceneritore eruttano giorno e notte, senza tregua, una miscela gassosa, inodore e incolore (impercettibile ai nostri sensi), di sostanze tossiche, velenose e cancerogene: polveri fini (Pm10) e finissime (Pm 2,5 e Pm1), Piombo, Zinco, Mercurio, Cadmio, ossidi di zolfo, ossidi di azoto, acido cloridrico, acido fluoridrico, ammoniaca, diossine, furani e, “dulcis in fundo”, un po’ di arsenico (dati dipartimento Territorio). Sostanze tossiche cortesemente somministrateci in dosi omeopatiche con la benedizione dei tutori del nostro ambiente, gli stessi che, per motivi di salubrità dell’aria ci proibiscono di bruciare le foglie secche dei nostri orti. Alégar.